Teologia letteralmente significa “ragionamento su (di) Dio”. In antichità
fu lo studio e l'istruzione sulla conoscenza degli dèi.
Con l'avvento del cristianesimo le materie teologiche presero ad essere
valutate come dottrine dell'essenza di Dio e delle cose ad esso inerenti.
Il termine si ritrova per la prima volta nelle opere del filosofo
Aristotele,
nel significato di analisi metafisica dell'essere umano dal punto di vista
della “
causa prima". Poi entrò progressivamente nel linguaggio cristiano
e fu usato dai padri della chiesa come
Giustino, Origene e Clemente Alessandrino.
Nel filosofo
Dionigi Areopagita la teologia possedette il significato
di “
conoscenza vera di Iddio” attinta attraverso la fede e l'esperienza
mistica.
Nelle
teologia scolastica il termine assunse un significato più
tecnico, quello di scienza delle verità rivelate, tuttavia non disgiunto
da quello di riflessione sistematica o critica sulle dottrine religiose.
Entrambi le accezioni restano ancora nell'uso corrente, tanto che si
parla di teologia anche dove non esiste l'utilizzazione di particolari
strumenti intellettuali o scientifici per le varie disamine filosofiche.
La tensione tra ragione e fede è stata sempre presente nel campo
teologico: se infatti la fede esige dalla ragione una totale obbedienza,
l'atteggiamento dei teologi variò dal rifiuto più radicale
alla assunzione più rigorosa dell'impegno razionale.
Dopo l'epoca della filosofia scolastica, le vicende concernenti la storia
della Chiesa (per esempio, la riforma protestante) e la storia della cultura
in genere, hanno condotto la materia teologica ad essere suddivisa in differenti
discipline, accomunate dalla rivelazione ma distinte nel metodo d'indagine.
Pertanto, in capo teologico si distingue un ramo storico e pratico (esegesi,
teologia biblica e patrologia, ecc…) da un ramo riflessivo e conforme a
vari sistemi di valutazione (teologia dogmatica, teologia morale, teologia
mistica, ecc…).
Attualmente in materia teologica assumono sempre maggiore importanza
l'indagine storica e le connessioni con discipline estranee alle nozioni
tradizionali di teologia (sociologia, psicologia e, soprattutto, le analisi
comparate tra varie religioni).
Superata la rigida normativa della preminenza di un corpus teologico
sugli altri (cfr. deliberazione del Concilio Vaticano II della Chiesa cattolica),
ora è ampliamente riconosciuta l'esistenza di una pluralità
di teologie.
Si riconosce altresì l'esistenza di elaborazioni teologiche operanti
fino all'inizio della storia del cristianesimo, e perfino culturalmente
attive indipendentemente dallo stesso cristianesimo.
Per esempio la teologia vetero testamentaria, se da una parte confluisce
nella primitiva teologia cristiana, d'altra parte non cessa di vivere autonomamente
nell'ebraismo sotto forma di indagine esegetica che di teologia speculativa.
Va anche ricordato come la cultura vetero testamentaria abbia sfociato
anche nel corpus degli insegnamenti dell'islam (cfr. i filosofi arabi Avicenna,
Averroè ed Algazali) attraverso le tradizioni giudaiche e proto
cristiane.
Nelle comunità cristiane primitive occorre riconoscere l'esigenza
di aver dovuto esaltare la figura di
Gesù Cristo, la sua opera e
le sue parole. Accanto a questo, l'esigenza di illuminare la realtà
stessa della Chiesa alla luce di una riflessione teologica fondata prevalentemente
sull'
Antico Testamento che non rifuggì dagli apporti della cultura
religiosa del mondo ellenistico. Peraltro, negli stessi evangeli sinottici
affiorarono alcune problematiche teologiche concernenti la persona di Cristo,
i rapporti tra cristiani ed ebrei, l'evangelizzazione dei “
pagani”, l'atteggiamento
verso l'autorità romana, il culto e la “
perusia”, ovvero la seconda
venuta in terra di Cristo.
Nel quarto evangelo, quello di
Giovanni, spiccava la meditazione sul
mondo, ovvero sulla creazione sottoposta al
peccato e avvolta nelle tenebre,
in cui irrompeva la luce della rivelazione divina mediante l'incarnazione
del Verbo. Negli Atti degli Apostoli c'era la storia della comunità
cristiana primitiva guidata dallo Spirito Santo in tutti i momenti, movimenti
religiosi e persone, soprattutto, l'
Epistolario di
san Paolo era ricco
di elementi teologici.
Tra questi, la centralità della riflessione religiosa sulla condizione
umana segnata dall'equivalenza tra la legge,
il peccato e la morte, nonché
sulla fede ottimista nel Cristo che avrebbe apportato salvezza.
Un altro elemento essenziale della teologia di
san Paolo fu la concezione
della Chiesa come un organismo di tutti i credenti, della quale Gesù
Cristo sarebbe stato il capo.
Nei secoli successivi, durante l'epoca dei “
padri della Chiesa” (patristica),
la teologia cristiana presentò una fase apologetica contro gli ebrei,
contro i pagani e in special modo contro lo gnosticismo che cercava la
risoluzione del cristianesimo in una visione mitologica e dualistica (cfr.
Tertulliano, Ireneo da Lione e Clemente d'Alessandria). Accanto a questo
elemento polemico emerse tuttavia, specialmente nell'opera filosofica di
Origene, in primo tentativo di sistemazione di opere teologiche nelle quali
la conoscenza biblica si univa alla utilizzazione di vari elementi della
filosofia neoplatonica. Il tentativo della teologia di Origene fu accompagnato
e seguito da tensioni dottrinarie con le autorità ecclesiastiche
del tempo. Nella lotta contro l'
arianesimo, contro il
nestorianesimo ed
il
monofisismo, la
teologia cristiana ortodossa ricevette la definitiva
e classica sistemazione, alla quale fu connessa anche un'antropologia religiosa
di netto stampo teologico.
A questo proposito in Oriente, con i padri ecclesiastici
Atanasio, Gregorio
Nazianzieno e Basilio, i temi teologici, la teologia insistettero sulla
salvezza dell'uomo come una sua divinizzazione grazie l'incarnazione del
Verbo.
Questo modo di pensare continuò ad essere presente nella teologia
bizantina e nelle tradizioni religiose greco-slavo-ortodosse, anche a motivo
della concezione del culto come mistica trasfigurazione dell'uomo e dell'universo.
In Occidente, invece, con
santo Agitino e con la lotta contro il
pelagianesimo,
si concepì una dimensione più personalistica della salvezza.
Essa sarebbe il risultato di un dialogo continuo tra l'uomo peccatore ed
Iddio, che con lui si riconcilierebbe. Inoltre la teologia che si sviluppò
negli ambienti monastici fu caratterizzata dalla meditazione e dall'interpretazione
delle Sacre Scritture secondo la linea dei commentari patristici.
Fu fatto molto uso delle allegorie: parole, fatti e figure dell'Antico
e del Nuovo Testamento assunsero un valore eminentemente simbolico. Ciò
consentì di collegare variamente e, in un certo senso, di attualizzare
i diversi momenti della storia sacra.
Nel secolo XIV, il filosofo inglese
Guglielmo Occam produsse una vasta
critica alla teologia scolastica, critica fondata sui principi del ragionamento
logico.
La teologia occamiana influenzò successivamente il pensiero di
Martin Lutero e tutta la
teologia protestante.
Lutero affermò il ruolo esclusivo della Sacra Scrittura e della
grazia nell'ambito teologico (“
sola scriptura”, s
ola gratia”), sottolineando
la separazione dell'uomo da Dio superabile, secondo Lutero, attraverso
la fede nella croce di Cristo (“
theologia crucis”).
A questa teologia “
riformata” si contrappose da parte della Chiesa di
Roma la teologia cosiddetta “
controversistica” del cardinale
Rodolfo Bellarmino.
Successivamente si affermarono in Europa le teorie illuministiche della
religione, materialiste ed immanentiste, ma anche la rivalutazione storicistica
delle religioni rivelate. Allo scetticismo del positivismo fece riscontro il metodo storico per
l'interpretazione dei testi teologici.
Le nozioni essenziali della Bibbia e della tradizioni teologiche furono
portate ad una visione globale di estrema chiarezza. Inoltre la filosofia
hegeliana intese di regola riconciliare la filosofia con la religione,
dimostrandone la validità e la ragione.
Successivamente la reazione del filosofo
Soeren Kierkegaard al cristianesimo
diventò assai importante per comprendere le posizioni della teologia
contemporanea. Questi affermò la separazione tra Iddio e natura,
tra eterno e temporale, tra finito ed infinito.
Tra queste categorie non sarebbe stata possibile una conciliazione se
non attraverso la fede che, per Kierkegaard, consisterebbe in una rivelazione
di Iddio infinito nel tempo.
Feuerbach e Nietzche criticarono la religione intendendola come proiezione
in Dio di esigenze e di immagini umane. Quindi, in un clima di positivismo
filosofico e dello storicismo, in Europa si verificò in materia
teologica un fervore rinnovato per gli studi di indagine critica e di contatto
con le fonti originarie e, in ambito espressamente cattolico, l'esigenza
di un rinnovamento ecclesiale e teologico mediante il ritorno alla essenzialità
biblica.
Anche all'interno della Chiesa russo-ortodossa si profilarono esigenze
di rinnovamento teologico.
Sotto l'influsso dell'”
idealismo” tedesco, del pensiero di
Schelling
e della antica tradizione teologica bizantina, si delineò quella
sintesi fondata sulla esegesi biblica che fu chiamato “
sofianismo” (cfr.
Bolgakov, Sovolev e Florenskij).
Le dottrine teologiche sofiologiche ammisero che la mediazione tra Dio
e le sue creature fosse stata affidata alla sapienza divina (“sophia”),
strettamente connessa con lo Spirito Santo e con la Madre di Iddio, figura
divina che non avrebbe ancora perduto i suoi riferimenti verso la
“grande madre terra” (cfr. il pensiero filosofico di Fiodor
Dostoevskij
e di Alexander
Chomjakov).
Con le vicende drammatiche delle due guerre mondiali, in Europa cambiarono
a fondo anche i toni del dibattito teologico. Al posto di una teologia
di stampo liberale si sovrappose la teologia cosiddetta “
della crisi”,
che si mosse sul pensiero di Kierkegaard ma che riprese i concetti dei
riformatori del passato, quali Lutero e Calvino.
Si innescò la polemica contro l'ermeneutica di
Friederik Schleiermacher
e contro la biblologia di
Rudolph Bultmann.I teologi della crisi accentuarono la nozione di trascendenza di Dio
accessibile soltanto mediante la fede contrapponendola a quella di ragione,
intesa come vana modalità umana di approccio al divino (cfr. D.
Bonhoffer).
Nei due decenni tra i conflitti mondiali, lo stesso percorso si verificò
a grandi linee in seno alla teologia ebraica. Filosofia e teologia si fusero
inoltre nel
neochassidismo e nell'
esegesi talmudica.
Un filosofo ebreo di formazione intellettuale marxista, tale
Edmund
Bloch, tentò perfino di congiungere le forme utopiche e rivoluzionare
del pensiero bolscevico con l'esperienza religiosa.
In ambito cattolico, al consolidamento delle strutture ecclesiastiche
fece eco una visione dinamica del versante ecclesiologico.
Intorno agli anni del Concilio Vaticano II, gli studi teologici intesero
definire con precisione la natura stessa della Chiesa e l'indole del ministero
ecclesiastico sulla base della tradizione delle varie confessioni cristiane.
I teologi giunsero ad approfondire la natura del collegio episcopale
riequilibrando la vecchia nozione del primato papale.
Alla fine degli anni
'70 del secolo scorso, in occasione delle importanti trasformazioni sociali,
culturali e politiche, in seno alla società europea, la teologia
cominciò a confrontarsi direttamente con le posizioni più
avanzate del
marxismo e dell'
umanesimo laico.
Questa tendenza, che accomunò le avanguardie teologiche al di
sopra delle varie tendenze confessionali, sfociò in due movimenti
teologici cui furono dati i nomi di “
teologia politica” e “
teologia della
liberazione”. Questo movimento, fortemente ideologizzato, nacque in America Latina
come reazione alla povertà della popolazione locale.
Alla luce della fede, si verificò un'elaborazione di una prassi
comune che avrebbe trasformato, secondo le convinzioni, i rapporti esistenti
di dipendenza e di oppressione sociale. Negli stessi anni si formularono
la cosiddetta “
teologia nera” e la “
teologia femminista”, quest'ultima
di netta connotazione ebraica.
Un'altra tematica, impostasi dopo il 1980, riguardò il dubbio
sulla onnipotenza, comprensibilità e bontà di Iddio (“
teologia
di Auswitz”), e sulla meditazione sul silenzio di Dio in certe occasioni
storiche di particolare gravità. Questa teologia portò all'affermazione,
per molti versi paradossale, di una debolezza divina che trova antecedenti
storici nel pensiero giudaico della “
shekhinà” (immanenza debole)
e in quello cristiano della “
kénosi”.
Nel panorama odierno i temi della “shoà” ebraica è diventato
una voce centrale del pensiero teologico, soprattutto perché i teologi
europei pluriconfessionali hanno approfondito gli studi storici degli avvenimenti
del XX secolo. Questo pensiero teologico possiede caratteristiche ecumeniche,
come elementi indispensabili dell'autocoscienza cristiana (cfr.
Carlo Maria
Martini, Friederic Mussner, Marcel Rémaud).
Agli inizi degli anni '90, accanto alle tesi teologiche di complementarietà
tra cristianesimo ed ebraismo, si posero in evidenza l'ermeneutica teologica
e l'"
ecoteologia”, sintetizzabile nella formula: “
giustizia, pace ed integrità
del creato”, già formulata nel 1989 durante l'Assise di Basilea,
e nel 1990 a Seul.
Attualmente si assiste ad un grande impegno dei teologi, al di là
delle loro singole confessioni religiose, al consolidamento interno delle
Chiese ed all'espansione esterna delle idee. L'impegno è favorito dalla ripresa altamente evidente dell'attrazione
sociale per la dimensione del sacro.
Nella teologia degli anni recenti, si dovrebbero aggiungere le tesi
dei fondamentalisti cristiani (cfr. mons.
Marcél Lefebvre), di quelli
ebraici ultraortodossi ed
islamici.
Inoltre c'è da sottolineare l'interesse per la teologia di ricercatori
non soltanto ecclesiastici, ma soprattutto laici e di studiose donne.
NOTA BENE
Per la stesura di questo articolo mi sono avvalsa della consulenza privata
di eminenti studiosi del ramo e della lettura di riviste religiose e/o
di impostazione teologica sia italiane che francesi.
tratto da: http://www.astercenter.net/religione/teologia/teologia_moderna.html