Come al finir dell’inverno torna la stagione estiva
e il navigante trascina in mare la nave,
il soldato ripulisce le armi e allena il cavallo per la lotta,
l’agricoltore affila la falce,
il viandante rinvigorito si accinge al lungo viaggio
e l’atleta depone le vesti e si prepara alle gare;
così anche noi, all’inizio di questo digiuno,
quasi al ritorno di una primavera spirituale
forbiamo le armi come i soldati,
affiliamo la falce come gli agricoltori
e, come nocchieri riassettiamo la nave del nostro spirito
per affrontare i flutti delle assurde passioni,
come viandanti riprendiamo il viaggio verso il cielo
e come atleti prepariamoci alla lotta
con lo spogliamento di tutto.
II fedele è agricoltore, nocchiere, soldato, atleta
e perciò viandante.
San Paolo dice:
«La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue,
ma contro i Principati e le Potenze…
Prendete dunque l’armatura di Dio» (Ef 6,12-13).
Ecco l’atleta, ecco il soldato.
Se sei atleta, è necessario che ti presenti nudo alla lotta;
se sei soldato, devi entrare nei ranghi perfettamente armato.
Come è possibile?
Spoglio e non spoglio?
Vestito e non vestito?
Come?
Ecco: lascia gli affari terreni e sarai atleta,
rivesti gli abiti spirituali e sarai soldato.
Spogliati dalle preoccupazioni materiali;
ecco il momento della lotta.
Rivestiti delle armi spirituali.
Abbiamo ingaggiato una terribile guerra
contro i demoni, bisogna quindi essere spogli
per non dare alcun appiglio al nemico che ci combatte;
bisogna armarsi, d’altra parte, interamente,
e non esporsi a ferite mortali.
Coltiva la tua anima, strappa le spine,
semina la parola di Dio, pianta i germi della sana filosofia,
lavora con ogni diligenza ed eccoti agricoltore.
Ascolta ancora san Paolo:
«Il contadino, che lavora duramente,
dev’essere il primo a cogliere i frutti della terra» (2Tm 2,6).
Anch’egli trattava quest’arte,
tanto che scrivendo ai Corinti dice:
«lo ho piantato, Apollo ha irrigato,
ma era Dio che faceva crescere» (1Cor 3,6).
Affila la falce;
l’hai ammaccata con la voracità,
devi affilarla con il digiuno.
Giovanni Crisostomo
Omelie al popolo antiocheno 3
Quando prendiamo tra le mani il
libro spirituale, eccitiamo il nostro spirito, raccogliamo i nostri
pensieri, cacciamo ogni preoccupazione terrena e dedichiamoci alla
lettura con molta devozione, con molta attenzione, perché ci venga
concesso di venire condotti dallo Spirito Santo alla comprensione dello
scritto, raccogliendone grande utilità. Quell’eunuco barbaro, ministro
della regina degli etiopi, che pur godeva tanta celebrità, anche
viaggiando in cocchio, neppure allora trascurava la lettura della
Scrittura, ma tenendo tra le mani il profeta [Isaia], poneva grande
attenzione alla lettura, pur non comprendendo ciò che gli stava davanti;
ma, poiché ce la metteva tutta da parte sua, diligenza, entusiasmo e
attenzione, ottenne una guida (cf. At 8,26-40).
Considera dunque che grande cosa era non trascurare la lettura
scritturistica neppure durante il viaggio, neppure sedendo sul cocchio.
Ascoltino questo coloro che nemmeno a casa ammettono di fare ciò, e, o
perché convivono con la moglie o militano nell’esercito, o perché hanno
preoccupazioni per i figli, cura per i familiari o impegni in altri
affari, ritengono che non convenga loro prendersi cura di leggere le
divine Scritture. Ed ecco costui era eunuco e barbaro, due circostanze
sufficienti a renderlo negligente; e in più la grande dignità e le
ingenti ricchezze, e il fatto che era in viaggio su di un cocchio: non è
facile badare alla lettura per chi viaggia così, anzi, è assai
malagevole; tuttavia il suo desiderio e il suo zelo superavano ogni
impedimento: era tutto preso dalla lettura e non diceva ciò che oggi
molti ripetono: «Non intendo ciò che contiene, non riesco a comprendere
la profondità delle Scritture; perché devo assoggettarmi inutilmente e
senza frutto alla fatica di leggere senza avere chi mi possa far da
guida?». Nulla di tutto ciò pensava lui, barbaro per la lingua, ma
saggio nel pensiero. Credeva che Dio non lo avrebbe disprezzato, ma gli
avrebbe mandato presto l’aiuto dall’alto, se pur egli avesse posto tutto
ciò che poteva da parte sua, dedicandosi alla lettura. Per questo il
Padrone benigno, vedendone l’intimo desiderio, non lo trascurò e non lo
abbandonò a se stesso, ma gli mandò subito un maestro.
Questo barbaro è in grado di fungere da maestro per noi tutti: a coloro
che conducono una vita privata, a coloro che sono arruolati
nell’esercito e a coloro che godono di autorità; in una parola, a tutti,
e non solo agli uomini, ma anche alle donne, tanto più che vivono
sempre in casa; e anche a quelli che hanno scelto la vita monastica.
Imparino tutti che nessuna circostanza è di impedimento alla lettura
delle parole divine; che è possibile farlo non solo in casa, ma anche in
piazza, in viaggio, in compagnia di molti o implicati negli affari. Se
faremo tutto quanto sta in noi, troveremo presto chi ci ammaestri. Il
Signore, infatti, vedendo il nostro desiderio per le realtà spirituali,
non ci disprezzerà, ma ci manderà una luce dal cielo e illuminerà la
nostra anima. Non trascuriamo dunque, vi prego, la lettura delle
Scritture.
San Giovanni Crisostomo
Omelie sul Genes